Biologo Nutrizionista
Dottor Lorenzo Corsi - Biologo Nutrizionista 349.67.00.453 CF: CRSLNZ62H07B832N - PI: 00617750450
Dottor Lorenzo Corsi

COVID-19: Fattori di rischio collegati al cibo

Tantissimi fattori rendono possibile il contagio di SARS-coV2 e lo svilupparsi della malattia respiratoria COVID-19. Molti di questi elementi non sono sottoposti alla nostra capacità di controllo, conviene quindi far convergere le nostre energie su quelle componenti che possiamo modificare e che possono eventualmente incidere positivamente nella risposta che ognuno di noi metterà in atto dopo un eventuale contagio, fatto altamente probabile nei prossimi 12-18 mesi. Il metabolismo e l'immunità sono strettamente collegati. Sia l'eccesso alimentare che la carenza di nutrienti hanno delle ripercussioni sulla funzionalità del sistema immunitario. La malnutrizione per difetto può sopprimere la risposta immunitaria e aumentare la suscettibilità alle infezioni. L'obesità è invece associata a uno stato di attività immunitaria aberrante e all'aumento del rischio di malattie infiammatorie. Pertanto, correggere l’alimentazione per renderla adeguata alle nostre esigenze è essenziale per rendere efficiente e funzionale il nostro sistema immunitario. Le attuali politiche di distanziamento sociale servono solo a ridurre la probabilità di infezione e le dichiarazioni degli esperti fanno pensare che nei prossimi mesi assisteremo, se si mantengono alcuni comportamenti virtuosi, alla riduzione della frequenza di contagio e di conseguenza a quella dei decessi. Ma questo non significa che in futuro non ci saranno più ammalati COVID-19. Moltissime persone alla “fine” di questa prima fase (sono infatti probabili nuove "ondate" con dinamiche diverse da regione a regione) non avranno ancora avuto alcun contatto con il virus e se non si troveranno rimedi certi per arrestare la sua diffusione, continuerà a fare il suo “lavoro”. Considerando che l’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA), comunica che al momento e sulla base dei dati preliminari, nessun farmaco ha ancora dimostrato la sua efficacia nel trattamento del COVID-19 e visto che si stima che potrebbe essere necessario almeno un anno prima che un vaccino sia pronto per essere approvato e disponibile, sembra ragionevole rivolgere, quando possibile, la nostra attenzione verso quei fattori noti, che condizionano la nostra suscettibilità all’azione virale e che sono collegati alla nostra alimentazione. Chi scrive non vuole indurre a credere che mangiando in un certo modo anziché in un altro, assumere un alimento specifico o un determinato integratore si acquisisca una particolare protezione o si diventi immune dal contagio e dalle sue complicanze, ma solo ribadire con forza che ci sono sufficienti dati in letteratura scientifica per sostenere che un buon stato di nutrizione può aiutarci anche in questa situazione. Il Center for disease Control and Prevention (CDC), riporta sul suo sito, che le persone maggiormente a rischio per malattie gravi da COVID-19 sono soggetti con malattie polmonari croniche, asma e gravi problemi cardiaci o persone obese, con diabete, insufficienza renale o malattie del fegato. L’OMS ricorda che le persone con una preesistente condizione di malattie cardiovascolari, chi soffre di malattie respiratorie croniche, diabete o Cancro appaiono essere più vulnerabili ad ammalarsi a causa del coronavirus. Il sito dell’Ospedale San Raffaele riporta che “Tra le categorie di malati cronici in assoluto più a rischio di sviluppare forme gravi di COVID 19 e che quindi devono essere particolarmente attenti a proteggersi dal virus ci sono i cardiopatici, gli ipertesi e in generale le persone con preesistenti malattie cardiovascolari...... La scarsa capacità dei polmoni, intaccati dal virus, di ossigenare il sangue ha infatti come diretta conseguenza un carico di lavoro superiore per il cuore, a cui viene chiesto di pomparne di più e più velocemente. Inoltre, non si può escludere che l’infezione virale causi un danno diretto alle cellule del cuore, come è stato già dimostrato nel caso di infezione da altri tipi di coronavirus. Infine, la stessa risposta infiammatoria innescata da SARS-CoV-2 potrebbe avere degli effetti dannosi sul miocardio”. Da non sottovalutare il legame tra obesità centrale (grasso localizzato prevalentemente nell’addome) e le difficoltà respiratorie. Il tessuto adiposo in eccesso può ostacolare il funzionamento del cuore e dei muscoli che permettono la respirazione. Il grasso addominale limita il corretto movimento del diaframma e quello accumulato nella zona del torace comprime le alte vie respiratorie. Più è grave lo stato di sovrappeso, maggiori sono le difficoltà respiratorie. La riduzione dell’efficacia respiratoria, soprattutto in posizione supina, comporta la riduzione della quantità di aria circolante nei polmoni, causando una riduzione dei livelli di ossigeno nel sangue (ipossiemia) e un aumento dei livelli di anidride carbonica (ipercapnia) e il fenomeno delle apnee notturne. In generale le condizioni legate all' obesità sembrano peggiorare l'effetto di COVID-19; le persone con obesità che si ammalano e che richiedono cure intensive presentano maggiori difficoltà nella loro gestione poiché è più difficile intubare questi pazienti e può essere più difficile eseguire una diagnosi per immagini (poiché ci sono limiti di peso sui macchinari ed i pazienti sono più difficile da posizionare e trasportare da parte del personale infermieristico). Anche se letti speciali e attrezzature di posizionamento e trasporto sono disponibili nelle unità ospedaliere specializzate, potrebbero non essere ampiamente disponibili in tutti gli ospedali. In Italia, al 6 aprile 2020, sono decedute 14.860 persone con COVID-19 e che le più comuni patologie croniche preesistenti (diagnosticate prima di contrarre l’infezione da SARS-CoV-2) nei pazienti (dato disponibile per 1290 decessi) sono: l'ipertensione arteriosa (911 persone pari al 70,6% del campione), il diabete mellito tipo 2 (409 persone pari al 31,7% del campione), l’insufficienza renale cronica (298 persone pari a 23,1% dei casi) e la fibrillazione atriale (249 persone pari al 22,6% del campione). Tutte le condizioni suddette sono in qualche modo collegate all'eccesso di peso e in alcuni casi fortemente dipendenti dal grasso addominale, tratto caratteristico della sindrome metabolica che è “un quadro clinico complesso, determinato dalla presenza simultanea di tre condizioni: diabete, pressione alta e obesità. Poiché ognuna di queste condizioni, considerate singolarmente, è un fattore di rischio riconosciuto per cuore e vasi sanguigni, la loro combinazione aumenta in modo significativo la probabilità di essere colpiti da problemi cardiaci, ictus e altri disturbi vascolari”. Una delle complicanze più comuni dell’obesità viscerale è la resistenza all’insulina, fenomeno che porta all’incapacità di questo ormone di svolgere molte delle sue funzioni. L'espansione del grasso viscerale causa ipertrofia delle cellule del tessuto adiposo, processo che porta al rilascio di acidi grassi e di sostanze pro-infiammatorie nel sangue. Queste molecole raggiungono il fegato dove inducono infiammazione e accumulo di grasso. Nel muscolo la riduzione dell’assorbimento del glucosio che ne consegue, si manifesta con un aumento della glicemia che stimola il pancreas a produrre più insulina per rispondere a tale situazione. Questa sovrapproduzione di insulina (che comunque è molto dannosa per la salute) è, almeno per un certo periodo, in grado di mantenere nella norma il livello di glucosio. Tuttavia, nel lungo periodo, in alcuni individui, tale risposta compensativa del pancreas viene meno e l’esito finale è il diabete (prima della diagnosi possono trascorrere anni con glicemia normale ed elevati livelli di insulina nel sangue). Questa progressione, da una condizione di salute ad una di malattia, non è ineluttabile. Alla luce di queste osservazioni e visto che la riduzione del peso, attraverso una alimentazione equilibrata, è il primo atto da adottare in questi casi, sembra sensato invitare le persone a porre una particolare attenzione alla propria alimentazione per evitare di aumentare di peso o, se possibile, per intraprendere un percorso per la sua riduzione . Le diverse agenzie governative e non, ci ricordano il ruolo dell’alimentazione come fattore di protezione, ma il messaggio a volte non è sufficientemente incisivo e la maggior parte delle persone continuano a pensare (anche molti professionisti del settore) ad una relazione di causa-effetto fra i singoli nutrienti e lo stato di salute, perdendo di vista la dimensione sistemica degli organismi viventi e il ruolo dell’alimentazione nel suo complesso. La prevenzione e il controllo della sindrome metabolica e di conseguenza la riduzione dei numerosi rischi associati, consiste essenzialmente nel cambiamento dello stile di vita, finalizzato alla riduzione del sovrappeso e del grasso addominale . Conviene quindi adoperarci da subito per mettere in atto tutti quei comportamenti che possono ridurre da una parte, la probabilità di contagio e dall'altra elevare la nostra capacità di risposta ad un eventuale insulto virale. Marina di Carrara 18 aprile 2020 Fonti (Report Covid-19 ISS) https://www.worldobesity.org/news/statement-coronavirus-covid-19-obesity https://www.cdc.gov/coronavirus/2019-ncov/specific-groups/people-at-higher-risk.html https://www.hsr.it/news/2020/marzo/coronavirus-cardiopatie-ipertensione http://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=4375 https://www.who.int/who-documents-detail/covid-19-and-ncds https://www.issalute.it/index.php/la-salute-dalla-a-alla-z-menu/s/sindrome-metabolica#prevenzione https://www.eatright.org/health/wellness/heart-and-cardiovascular-health/3-steps-to-help-combat-metabolic-syndrome Per tutti i siti l’accesso è stato fatto il 3 aprile 2020
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Dott. Lorenzo Corsi C- Biologo Nutrizionista CF: CRSLNZ62H07B832N - PI: 00617750450
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COVID-19: Fattori di rischio collegati al cibo

Tantissimi fattori rendono possibile il contagio di SARS-coV2 e lo svilupparsi della malattia respiratoria COVID-19. Molti di questi elementi non sono sottoposti alla nostra capacità di controllo, conviene quindi far convergere le nostre energie su quelle componenti che possiamo modificare e che possono eventualmente incidere positivamente nella risposta che ognuno di noi metterà in atto dopo un eventuale contagio, fatto altamente probabile nei prossimi 12-18 mesi. Il metabolismo e l'immunità sono strettamente collegati. Sia l'eccesso alimentare che la carenza di nutrienti hanno delle ripercussioni sulla funzionalità del sistema immunitario. La malnutrizione per difetto può sopprimere la risposta immunitaria e aumentare la suscettibilità alle infezioni. L'obesità è invece associata a uno stato di attività immunitaria aberrante e all'aumento del rischio di malattie infiammatorie. Pertanto, correggere l’alimentazione per renderla adeguata alle nostre esigenze è essenziale per rendere efficiente e funzionale il nostro sistema immunitario. Le attuali politiche di distanziamento sociale servono solo a ridurre la probabilità di infezione e le dichiarazioni degli esperti fanno pensare che nei prossimi mesi assisteremo, se si mantengono alcuni comportamenti virtuosi, alla riduzione della frequenza di contagio e di conseguenza a quella dei decessi. Ma questo non significa che in futuro non ci saranno più ammalati COVID-19. Moltissime persone alla “fine” di questa prima fase (sono infatti probabili nuove "ondate" con dinamiche diverse da regione a regione) non avranno ancora avuto alcun contatto con il virus e se non si troveranno rimedi certi per arrestare la sua diffusione, continuerà a fare il suo “lavoro”. Considerando che l’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA), comunica che al momento e sulla base dei dati preliminari, nessun farmaco ha ancora dimostrato la sua efficacia nel trattamento del COVID-19 e visto che si stima che potrebbe essere necessario almeno un anno prima che un vaccino sia pronto per essere approvato e disponibile, sembra ragionevole rivolgere, quando possibile, la nostra attenzione verso quei fattori noti, che condizionano la nostra suscettibilità all’azione virale e che sono collegati alla nostra alimentazione. Chi scrive non vuole indurre a credere che mangiando in un certo modo anziché in un altro, assumere un alimento specifico o un determinato integratore si acquisisca una particolare protezione o si diventi immune dal contagio e dalle sue complicanze, ma solo ribadire con forza che ci sono sufficienti dati in letteratura scientifica per sostenere che un buon stato di nutrizione può aiutarci anche in questa situazione. Il Center for disease Control and Prevention (CDC), riporta sul suo sito, che le persone maggiormente a rischio per malattie gravi da COVID-19 sono soggetti con malattie polmonari croniche, asma e gravi problemi cardiaci o persone obese, con diabete, insufficienza renale o malattie del fegato. L’OMS ricorda che le persone con una preesistente condizione di malattie cardiovascolari, chi soffre di malattie respiratorie croniche, diabete o Cancro appaiono essere più vulnerabili ad ammalarsi a causa del coronavirus. Il sito dell’Ospedale San Raffaele riporta che “Tra le categorie di malati cronici in assoluto più a rischio di sviluppare forme gravi di COVID 19 e che quindi devono essere particolarmente attenti a proteggersi dal virus ci sono i cardiopatici, gli ipertesi e in generale le persone con preesistenti malattie cardiovascolari...... La scarsa capacità dei polmoni, intaccati dal virus, di ossigenare il sangue ha infatti come diretta conseguenza un carico di lavoro superiore per il cuore, a cui viene chiesto di pomparne di più e più velocemente. Inoltre, non si può escludere che l’infezione virale causi un danno diretto alle cellule del cuore, come è stato già dimostrato nel caso di infezione da altri tipi di coronavirus. Infine, la stessa risposta infiammatoria innescata da SARS-CoV-2 potrebbe avere degli effetti dannosi sul miocardio”. Da non sottovalutare il legame tra obesità centrale (grasso localizzato prevalentemente nell’addome) e le difficoltà respiratorie. Il tessuto adiposo in eccesso può ostacolare il funzionamento del cuore e dei muscoli che permettono la respirazione. Il grasso addominale limita il corretto movimento del diaframma e quello accumulato nella zona del torace comprime le alte vie respiratorie. Più è grave lo stato di sovrappeso, maggiori sono le difficoltà respiratorie. La riduzione dell’efficacia respiratoria, soprattutto in posizione supina, comporta la riduzione della quantità di aria circolante nei polmoni, causando una riduzione dei livelli di ossigeno nel sangue (ipossiemia) e un aumento dei livelli di anidride carbonica (ipercapnia) e il fenomeno delle apnee notturne. In generale le condizioni legate all' obesità sembrano peggiorare l'effetto di COVID-19; le persone con obesità che si ammalano e che richiedono cure intensive presentano maggiori difficoltà nella loro gestione poiché è più difficile intubare questi pazienti e può essere più difficile eseguire una diagnosi per immagini (poiché ci sono limiti di peso sui macchinari ed i pazienti sono più difficile da posizionare e trasportare da parte del personale infermieristico). Anche se letti speciali e attrezzature di posizionamento e trasporto sono disponibili nelle unità ospedaliere specializzate, potrebbero non essere ampiamente disponibili in tutti gli ospedali. In Italia, al 6 aprile 2020, sono decedute 14.860 persone con COVID-19 e che le più comuni patologie croniche preesistenti (diagnosticate prima di contrarre l’infezione da SARS-CoV-2) nei pazienti (dato disponibile per 1290 decessi) sono: l'ipertensione arteriosa (911 persone pari al 70,6% del campione), il diabete mellito tipo 2 (409 persone pari al 31,7% del campione), l’insufficienza renale cronica (298 persone pari a 23,1% dei casi) e la fibrillazione atriale (249 persone pari al 22,6% del campione). Tutte le condizioni suddette sono in qualche modo collegate all'eccesso di peso e in alcuni casi fortemente dipendenti dal grasso addominale, tratto caratteristico della sindrome metabolica che è “un quadro clinico complesso, determinato dalla presenza simultanea di tre condizioni: diabete, pressione alta e obesità. Poiché ognuna di queste condizioni, considerate singolarmente, è un fattore di rischio riconosciuto per cuore e vasi sanguigni, la loro combinazione aumenta in modo significativo la probabilità di essere colpiti da problemi cardiaci, ictus e altri disturbi vascolari”. Una delle complicanze più comuni dell’obesità viscerale è la resistenza all’insulina, fenomeno che porta all’incapacità di questo ormone di svolgere molte delle sue funzioni. L'espansione del grasso viscerale causa ipertrofia delle cellule del tessuto adiposo, processo che porta al rilascio di acidi grassi e di sostanze pro-infiammatorie nel sangue. Queste molecole raggiungono il fegato dove inducono infiammazione e accumulo di grasso. Nel muscolo la riduzione dell’assorbimento del glucosio che ne consegue, si manifesta con un aumento della glicemia che stimola il pancreas a produrre più insulina per rispondere a tale situazione. Questa sovrapproduzione di insulina (che comunque è molto dannosa per la salute) è, almeno per un certo periodo, in grado di mantenere nella norma il livello di glucosio. Tuttavia, nel lungo periodo, in alcuni individui, tale risposta compensativa del pancreas viene meno e l’esito finale è il diabete (prima della diagnosi possono trascorrere anni con glicemia normale ed elevati livelli di insulina nel sangue). Questa progressione, da una condizione di salute ad una di malattia, non è ineluttabile. Alla luce di queste osservazioni e visto che la riduzione del peso, attraverso una alimentazione equilibrata, è il primo atto da adottare in questi casi, sembra sensato invitare le persone a porre una particolare attenzione alla propria alimentazione per evitare di aumentare di peso o, se possibile, per intraprendere un percorso per la sua riduzione . Le diverse agenzie governative e non, ci ricordano il ruolo dell’alimentazione come fattore di protezione, ma il messaggio a volte non è sufficientemente incisivo e la maggior parte delle persone continuano a pensare (anche molti professionisti del settore) ad una relazione di causa-effetto fra i singoli nutrienti e lo stato di salute, perdendo di vista la dimensione sistemica degli organismi viventi e il ruolo dell’alimentazione nel suo complesso. La prevenzione e il controllo della sindrome metabolica e di conseguenza la riduzione dei numerosi rischi associati, consiste essenzialmente nel cambiamento dello stile di vita, finalizzato alla riduzione del sovrappeso e del grasso addominale . Conviene quindi adoperarci da subito per mettere in atto tutti quei comportamenti che possono ridurre da una parte, la probabilità di contagio e dall'altra elevare la nostra capacità di risposta ad un eventuale insulto virale. Marina di Carrara 18 aprile 2020 Fonti (Report Covid-19 ISS) https://www.worldobesity.org/news/statement-coronavirus-covid-19-obesity https://www.cdc.gov/coronavirus/2019-ncov/specific-groups/people-at-higher-risk.html https://www.hsr.it/news/2020/marzo/coronavirus-cardiopatie-ipertensione http://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=da lministero&id=4375 https://www.who.int/who-documents-detail/covid-19-and-ncds https://www.issalute.it/index.php/la-salute-dalla-a-alla-z-menu/s/sindrome- metabolica#prevenzione https://www.eatright.org/health/wellness/heart-and-cardiovascular-health/3-steps-to-help- combat-metabolic-syndrome Per tutti i siti l’accesso è stato fatto il 3 aprile 2020
CF: CRSLNZ62H07B832N - PI: 00617750450